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Clara e le vite immaginarie: intervista alla cineasta Giulia Casagrande.

Clara e le vite immaginarie

Cosa vuol dire crescere durante l’epoca del fascismo? Quanto quel periodo storico può aver influito sulla maturazione di un’intera generazione? Cosa può aver rappresentato per una giovane donna? Di questo (e non solo) ci parla l’ultimo lavoro della cineasta senigalliese Giulia Casagrande. Clara e le vite immaginarie è sì un racconto, ma innanzitutto è un dialogo tra Clara e Giulia, nonna e nipote. Nel momento in cui Giulia decide di ricostruire questa particolare fase della vita di sua nonna a partire da una foto, Clara inizia a perdere la memoria a causa di una malattia neuro-generativa. E così Giulia e Clara partono per un viaggio a ritroso, alla scoperta di un pezzo di storia privata e familiare. Lo scopo è anche quello di indagare su un immaginario tipico degli anni ’30 in Italia, in cui i confini della propaganda politica si confondono con il concetto di immagine cinematografica.

 

Clara e le vite immaginarie

In foto la locandina del film. Il progetto grafico è a cura dell’architetto Marina Sforza. ©Giulia Casagrande, all rights reserved.

Questo film ha vissuto una parte della sua vita e della sua lavorazione a Parigi. Quanto ha influito il concetto di distanza sulla genesi e sulla crescita di questo lavoro? In che direzione si sta muovendo Clara e le vite immaginarie adesso?

Credo che la distanza sia stata importante per realizzare questo film e che questo non sarebbe lo stesso se avessi vissuto a Senigallia, la mia città natale, dove il film è ambientato. La scrittura e la concezione della storia a Parigi mi hanno permesso di mettere in prospettiva gli eventi che stavo vivendo e filmando, la malattia di mia nonna, la sua perdita di memoria, e di interrogarmi sul mio posto in quella comunità. La scoperta e il confronto con il lavoro di altri/e cineasti/e è stato determinante per costruire la forma del film.

Il film sta girando nei festival. A marzo sarà a Sguardi Altrove a Milano e al Nevada Women Film Festival di Las Vegas. Sarà proiettato il 20 febbraio alla Piccola Fenice di Senigallia (An) e il 13 marzo a Parigi, alla Fémis.

 

Clara e le vite immaginarie

Clara oggi, sulla spiaggia di Senigallia. ©Giulia Casagrande, all rights reserved.

Nel tuo film si parla della crescita di una giovane donna negli anni ’30. Si tratta di un film “politico”, in qualche modo? Se un messaggio politico è presente, pensi possa essere adattabile anche ai giorni nostri?

Si, penso sia un film politico. Ho cercato di capire cosa significasse essere una ragazzina dodicenne che negli anni ’30, in una cittadina in provincia, vede nel fascismo una via di fuga e di libertà rispetto a un quotidiano opprimente e insoddisfacente. Mettermi nei panni di quella ragazzina mi ha obbligato a confrontarmi con una storia che non conoscevo. A chiedermi cosa avrei fatto se avessi avuto dodici anni in quell’Italia, in quel contesto. Penso che il film sia più una riflessione sul presente che sul passato. Che ci domandi quali di quegli ideali, di quei pregiudizi rimangono oggi nella nostra società, ci interroghi sul rapporto che abbiamo con le immagini del nostro tempo e su come queste influenzano la nostra costruzione e la nostra visione del mondo. 

 

Clara e le vite immaginarie ha come protagonista un personaggio femminile particolarmente intenso. Inoltre, uno dei concetti che ricorre maggiormente è quello di “immagine”. Come dialogano insieme questi due elementi nel tuo film?

Il film è costruito come un dialogo tra Clara e le immagini del suo tempo, quelle del cinema che amava tanto e con cui s’identificava, quelle della sua città e della sua famiglia e quelle di propaganda. C’è anche un dialogo tra me e la mia città, con le immagini del suo passato e del suo presente. Questi due tempi si intrecciano tutto il tempo. Nel film inoltre la nostra passione in comune per il cinema e il nostro rapporto ci permettono di creare un dialogo in maniera spontanea e leggera, di accedere a questo passato senza giudizi.

 

Clara e le vite immaginarie

Un’immagine di Clara, ritratta pochi anni prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale. ©Giulia Casagrande, all rights reserved.

Quali sono stati i punti più difficili da dover affrontare durante la lavorazione al film?

La produzione del film e la ricerca dei finanziamenti necessari per portare a termine l’opera è stata senza dubbio l’aspetto più difficile e lungo da affrontare. 

 

Giulia Casagrande, regista e cineasta, lavora in Italia e Francia. In particolare, a Parigi ha completato la sua formazione e insegna cinematografia. Il suo progetto documentario Clara e le vite immaginarie ha vinto svariati premi. Sarà proiettato il 13 marzo a La Fémis in occasione della manifestazione Les vendredis de l’atelier documentaire.

 

Tutte le immagini a corredo dell’articolo sono state gentilmente fornite da Giulia Casagrande. Foto di copertina: ©Giulia Casagrande, all rights reserved.

Clara e le vite immaginarie: intervista alla cineasta Giulia Casagrande. ultima modifica: 2020-03-05T16:38:22+01:00 da Serena Mascoli

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