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INTERVISTE ITALIANI A PARIGI

Gianguglielmo Lozato: essere insegnante e scrittore a Parigi

gianguglielmo lozato - foto professor lozato

Molti italiani a Parigi si sono distinti per il grande contributo culturale portato nella Ville Lumière. È il caso di Gianguglielmo Lozato, insegnante e scrittore italiano, da 24 anni a Parigi, originario della bella Toscana. Il Prof. Lozato è un esempio di cosmopolitismo al servizio della cultura e di una visione non ipocrita sulla realtà di oggi.

Abbiamo parlato con lui d’insegnamento, di valori da trasmettere agli studenti e delle sue pubblicazioni, dove emerge sempre un attento studio rispetto alla storia dei popoli e alle loro interrelazioni. Vi segnaliamo, in particolare, Italie et Tunisie entre miroir réfléchissant et miroir déformant (St. Honoré Editions – Feb.2021): una precisa comparazione tra Italia e Tunisia che il Gianguglielmo Lozato ha elaborato sul campo. Due paesi che hanno molto in comune, più di quanto si pensi.

E poi, l’ultimo coraggioso progetto letterario: un saggio di denuncia e speranza riguardante il popolo Uyghur, etnia cinese turcofona in cui vivono diverse comunità religiose tra cui anche cristiani e musulmani, vittime di gravi episodi di persecuzione.

Gianguglielmo Lozato ci parla del suo percorso d’insegnante  

itParigi. Professor LOZATO, innanzitutto è un piacere averla qui con noi di itParigi! Qual è stato il suo percorso d’insegnante e cosa l’ha portata a Parigi? Cosa e in quali istituti della Ville Lumière insegna?

Gianguglielmo Lozato. Buongiorno. Piacere condiviso. Dialogare con itParigi e per itParigi corrisponde a un importante punto di riferimento per chi vive all’estero pure essendo attaccato alle radici italiane.

In qualche modo direi che il mio percorso d’insegnante è classico e originale nello stesso tempo. Il mio esordio si è fatto casualmente mentre stavo ancora studiando. Ero stagista a Roma e lì ho iniziato con degli impiegati del settore bancario. Poi c’era l’influsso della mia famiglia di fortissima matrice insegnante. Fin da bambino sentivo parlare di compiti, di esami attraverso vari schemi di riflessione e diversi toni di voce. In modo più cosciente il sogno del bilinguismo e la vocazione hanno fatto in modo da portarmi in giro abbastanza presto in parecchi posti. Da insegnante quello che mi ha fatto radicare a Parigi è il fatto di aver sperato in possibilità italiane stabili mutate in illusioni ormai perse.

Quindi, attualmente, insegno principalmente all’ENSG, all’Università Gustave Eiffel, cioè nell’ambito universitario parigino e in una scuola di commercio internazionale, la famosa Skema. Strutture che si sono davvero impegnate per incoraggiare a studiare la lingua italiana e magari favorire gemellaggi. Potrei pure citare la PSB che ha stabilito legami stretti con la Cattolica di Milano.

itP. Nella sua carriera, quali differenze e similitudini ha riscontrato tra l’insegnamento italiano e quello francese?

G.G. Paragone c’è. Differenze, comunanze anche. Talvolta qualche dubbietto, ossia qualche conferma. Il dogmatismo esiste in entrambi i paesi. Un complesso monolitico come La Sorbona in Francia o come La Sapienza in Italia. Direi che per quanto riguarda la gerarchia, si percepisce di più il protocollo sullo scacchiere insegnante, dalla maestra all’ordinario. Anche sottopagato il docente rimane un’autorità, una figura ancorata benissimo in Italia. Mentre in Francia l’insegnante viene contestato più spesso.

itP. Com’è stato insegnare in Francia durante la pandemia per Gianguglielmo Lozato? Come ha trovato i suoi allievi?

G.G. Ovviamente insegnare in Francia durante la pandemia è stato difficilissimo, come tutto ciò che si doveva svolgere in Francia o in Italia durante questo maledetto periodaccio che stiamo vivendo. Finora due cose mi vengono in mente come due priorità. La prima è che stranamente la Francia mi è parsa meno organizzata rispetto a quello che mi aspettavo. Questo in genere.

La seconda, ci porta a riflettere più precisamente perché ci orientiamo verso l’Insegnamento. Appunto mi sono proprio rallegrato nel vedere che, tutto sommato, il sistema universitario ha realizzato numerosi sforzi per curare i suoi giovani, certe volte non badando a spese per distribuire quotidianamente derrate di prima necessità. In quell’ambiente ho dovuto adeguare il mio insegnamento a una situazione che richiedeva più psicologia. Pensi che tanti giovani si sono ritrovati in situazione di esaurimento nervoso, pensando perfino al suicidio! Quindi, la comunicazione universitaria si è ritrovata alla pari con quella umana…

itP. Come insegnare a uno studente il concetto di tolleranza? Cosa vuol dire tolleranza?

G.G. Tolleranza: si riferisce a uno statuto? Cosa significa tolleranza? Innanzitutto, cerco di fare imparare tante cose ai miei cari studenti. Tuttavia anch’io posso imparare da loro, visto che si tratta di uno scambio, soprattutto tramite l’uso di una lingua. Non c’è solo la solita didattica. La tolleranza comincia prima da se stesso, commettendo i propri sbagli. Spesso su questo punto, uso l’umorismo. Più l’autoironia che l’autocelebrazione, anche se in Francia l’ironia si pratica diversamente che in Italia. Meglio così poiché per me la tolleranza è una forma di filosofia, prima di rappresentare la comunicazione. Di consueto ho l’abitudine di associare tolleranza e scoperta davanti agli studenti. Come evocando il razzismo possibile in tutti i posti.

itP. Lei professor LOZATO è anche un saggista. Vuole accennare alle sue ultime due pubblicazioni? Perché ha sentito il bisogno di scrivere questi libri?

G.G. Appunto i miei saggi riguardano la voglia di scoprire. A inizio 2021 è stato pubblicato il mio libro sull’Italia e la Tunisia: l’occasione di un paragone tra i due territori non solo geograficamente, ma anche storicamente, dal punto di vista delle mentalità, con lo scopo di dimostrare che per capire tutt’e due, i due paesi possono riflettere le loro immagini reciprocamente. E per mettere in luce lo scarso giudizio dell’Unione Europea. Poi, come lo indica il mio cognome, sono di origine livornese, dunque legato a un porto dalle relazioni strette con la Tunisia.

Il secondo saggio invece è molto più drammatico, anzi tragico visto che si tratta della situazione del popolo Uyghur. Ero andato ad intervistare la famosa Rebiya Kadeer a Washington (politica cinese naturalizzata statunitense, attiva nella difesa dei diritti umani e della comunità uigura della regione nord-occidentale del Xinjiang della Repubblica Popolare Cinese, ndr.) e poi mi è maturata l’idea di scrivere qualcosa per testimoniare. Se quella vicenda succedesse a noi Cristiani o Occidentali… Peraltro ho cercato di immaginare come sarebbe l’Indipendenza del Turkestan Orientale liberato dal giogo cinese.

itP. Qual è il messaggio che Gianguglielmo Lozato manderebbe a un insegnante e a uno studente di oggi?

G.G. Se io avessi un messaggio sarebbe più di non fare una cosa, invece di influire sul fare una cosa precisa. Cioè di non dimenticare l’importanza della cultura e delle lingue, senza abusare dei social network che per finire contribuiscono al bullismo di Stato. Prevalentemente stare all’erta. Poi consiglierei a uno studente la polivalenza. Che s’impara spesso leggendo…

Ringraziamo ancora il Prof. Lozato per questa interessante intervista e vi lasciamo, cari lettori, con una massima del grande filosofo Talete di Mileto:

“Insegna e apprendi il meglio.”

– Talete di Mileto

Foto di copertina: il professor Lozato in ambito universitario parigino. ©Gianguglielmo Lozato

Gianguglielmo Lozato: essere insegnante e scrittore a Parigi ultima modifica: 2021-05-29T18:18:48+02:00 da Sarah Jay De Rosa

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